venerdì 15 marzo 2013

LA FATINA DEI RIFIUTI

Il periodo tutti cuochi è finito nell'attimo esatto
in cui ho trasformato la crema al limone in pastina all'uovo.
Non contenta della prodezza, ho ben pensato di
carbonizzare, nel giro di altri due minuti,
una burrosissima pasta frolla che avevo appena
infilato nel forno, sintonizzato sulla modalità "a griglia sciolta".

Chiusa una porta, si apre ovviamente un canadair,
e nella fattispecie, adesso che il tema del momento
nel paesino in cui viviamo è l'avvento della differenziata,
sarebbe più corretto dire che si apre,
manco a farlo a posta, un porta a porta.

Hanno ingaggiato un professore del cepu per insegnare
a noi poveri inquinatori della domenica
come si seziona in otto parti identiche un tetrabrick
e come si infilano i rifiuti dubbi nelle buste dei vicini
senza farsi beccare e caricare di mazzate.
Hanno spacciato bidoncini e bustoni dei più strani colori
ai bordi delle strade, e non contenti hanno distribuito
tristi calendari senza donnine nude,
per illustrare la dura legge del  rifiutario.

Per ospitare tutto l'armamentario in una casa
senza balconi o spazi aperti si rendono necessari, nell'ordine:
un'ottimizzazione maniacale degli spazi,
un campione mondiale di tetris dei mastelli,
lo sfratto esecutivo di tutto il microcosmo dello sgabuzzino.

Roba che aveva un nome e un cognome,
a volte anche un codice fiscale,
tipo i venti floppy disk necessari per installare doom.

Però poi arriva il giorno della prima raccolta,
e improvvisamente le cinque fasi del lutto
lasciano posto ad un sorriso ebete di compiacimento.

In fondo in fondo, è una specie di magia:
tu appendi la tua bustina alla porta,
e la mattina dopo, semplicemente,
la bustina non c'è più.

Me li immagino gli operatori ecologici, in tenuta
arancione con le alucce catarifrangenti sulla schiena.

La fatina dei denti, a confronto, era una dilettante.