lunedì 30 luglio 2007

MOTOCICLISTI: ISTRUZIONI PER L'USO

Per tutti quelli che da piccoli sognavano di diventare Piero Angela (leggi: infanzia infelice),
nasce oggi una nuova rubrica: "Il mondo di Mark".

Non so se esista in natura una specie animale più interessante del motociclista.

Dopo anni di studi sul campo, oggi sono qui per iniziarvi alla scoperta del fantastico mondo dei centauri.

Cominciamo dal loro unico oggetto d'amore e del desiderio:

Non deve mai avere più di otto cilindri .
In linea o a V, va bene uguale, ma mai più di otto.

Non una sola impronta digitale deve sfigurarne la carrozzeria.

Se volete farlo soffrire dieci volte più atrocemente di quanto avete sofferto voi quando vi ha lasciate, basta sfiorare la punta di una chiave sul serbatoio della beneamata.
In quell'esatto momento, anche se lui è altrove, una sincope potrebbe coglierlo.

La cura maniacale del padrone, si spinge a volte fino al parossismo decerebrativo più totale.
Alle malcapitate passeggere viene spesso richiesto di reggersi per il volere dello Spirito Santo, anzichè con le loro manine.

Motivo per cui, prima di un giro in moto, ogni zavorra dovrebbe, nell'ordine:
1)Praticare meditazione e ascesi mistica per almeno un paio di giorni.
2)Applicare otto strati di grasso di foca sui guanti che userà per l'occasione,
tanto per stabilire chi è più importante.
3)Per ogni evenienza, portare sempre dietro i soldi del taxi.

I motociclisti si copiano le moto, peggio che le donne i vestiti.
Spendono anche più di una fashion victim, per giubbini in pelle, carene da pista, manopole riscaldate, scarichi in titanio, ed ogni altra diavoleria connessa al loro mondo dorato.

Hanno collezioni di caschi da cui non riescono a separarsi neanche in punto di morte(del casco, ovviamente).

Li mettono in fila come teschi in un sacrario.
D'inverno prendono più polvere delle bomboniere, ma a loro piace così.

Esiste in ogni casa di motociclista degno di tale nome, un altare votivo alla Dea.
Con tutte le moto passate e future.
Il padrone, naturalmente, compare in ogni singolo scatto, magari con la spalla sull'asfalto, un attimo prima di essere disarcionato.

Se fosse per loro, ne terrebbero anche più di una alla volta.
E ciò a testimoniare un istinto poligamo tuttavia tranquillizzante per le fidanzate in carne ed ossa.

Come tranquillizzante è uscire un sabato sera,
guardando ogni singola donna appena passabile come una rivale a cui cavare gli occhi dalla testa, per poi capire che, se lui dice "Guarda che curve, quella!",
non c'è nulla di cui preoccuparsi.

Sta indicando la Benelli parcheggiata all'angolo.

venerdì 27 luglio 2007

MAZINGA LIBERA TUTTI

Questo è un pamphlet contro la debosciagine del cartone animato moderno.

Non aspettatevi clemenza, nè indulgenza.

L'assunto principale di ciò che leggerete è che mentre voi mandate all'asilo del fantabosco i vostri figli, sotto mentite spoglie, qualcuno li indottrina per farli diventare delle carogne.

E' passato qualche mese, da quando ero piccola, ma ricordo ancore bene i filoni narrativi della mia infanzia.

C'erano gli sportivi:
quasi sempre sport individuali per i maschi,
quasi sempre sport di squadra per le femmine.
Cioè all'opposto della tendenza naturale.
Pugili vs pallavoliste, per intenderci.

C'era tutto lo sterminato battaglione degli orfani.
Roba da baciare il tegolino quotidiano,

e chiamare l'assicuratore per far firmare un paio di polizze vita a mamma e papà.

C'erano quelli che inseguivano un sogno, attraversando patimenti indicibili nel fisico e nello spirito.

Quasi sempre il maestro di turno era un ufficiale SS in congedo.

C'erano i robot.
Gli esseri umani potevano guidarli, ma raramente ci parlavano.

C'erano gli spadaccini, razza superiore al di sopra del bene e del male.

C'erano gli eroi senza macchia e senza paura.
Buoni fino al midollo.
A volte ipertrofici a livello muscolare e mentalmente impostati sulla modalità giustiziere della notte.
A volte mignon ed intelligentissimi.
Nel primo caso tutto si riduceva ad inseguire e sconfiggere il nemico, salvando sciacquette indifese.
Nel secondo caso l'eroe si limitava a fuggire facendosi beffe del cattivo grosso e stupido.
Ken Shiro vs Mickey mouse.

C'erano i cantanti.

Quasi sempre coi capelli di un colore quantomeno improponibile.

C'erano i ladri.

Corretti ed affidabili, nonostante il mestiere.

Stranamente, di medici, poliziotti e avvocati, neanche l'ombra.

E poi c'erano orde di maghi e streghe, mostri, alieni ed elfi: i miei preferiti.


Il bambino imparava, nell'ordine che:

Per l'uomo è importante fare carriera per i fatti suoi, anche se preferirebbe restare a giocare a calcetto con gli amici(Holly e Benji rules).

Per la donna è essenziale avere le altre donne come alleate, piuttosto che come rivali.

Se hai ancora almeno una figura genitoriale puoi considerarti fortunato.

Se pure una cosa non ti riesce subito, soffrendo come un cane, prima o poi arriverai alla meta.

Se decidi di fare a mazzate, non puoi mica mandarci un altro al posto tuo, tipo Picaciù.

Esistono quelli fighi e quelli no.

Esistono i buoni. Bisogna essere buoni, altrimenti arriva He-man e ti gonfia come un pesce palla.

Cantando si fanno i miliardi.

La polizia, quando serve, non arriva.

La fantasia è meglio delle droghe.

I cartoni attuali, invece, insegnano alle future donne che la loro vita si risolve nella ricerca di un uomo, e ai futuri uomini che c'è sempre qualcuno da far menare al posto tuo.

E quindi, mi domando e dico:
perchè strapparli prematuramente all'infanzia?!

mercoledì 25 luglio 2007

L'AURUM DEI DESIDERI

Stendiamo un velo peloso sull'esame di guida.

Anzi due, visto che ci siamo.

Gli AST. hanno già proposto la loro versione dei fatti .
Colgo la palla al balzo per raccontarvi la serata inaugurale dell'ex Aurum, aka fabbrica delle idee.

Il sessanta per cento dei partecipanti apparteneva alla categoria architetto o studente d'architettura.
Non credo che abbiano visto il concerto: più che altro girovagavano assorti in preda a estasi mistica, ricordando un
Fuori Uso dei tempi che Berta filava.
Eppure la musica ti entrava dentro fino alla commozione.

Il venticinque per cento era lì per i rustici e i dolci di Fabrizio Camplone.

Il dieci per cento di politicanti e notabili della Pescara bene aveva il sorriso delle grandi occasioni, il vestito dell'ultimo matrimonio, e la solita propensione a tenere il sedere incollato allo scranno.

Il due per cento altro.

Il tre per cento non sa/non risponde.


Il cuore si ferma nel salone d'ingresso, all'emozione di esserci e di poterlo raccontare ai nipotini, un giorno.
Per l'esattezza mentre guardavo l'enorme specchio-vassoio appeso alla parete di destra.

La scoperta progressiva del tesoro con tutte le sue chicche, comprende momenti di ilarità non indifferente.

Davanti alle tavole con il timbrone e il firmone del sindaco.
Grafica da primo anno di architettura.
Autocelebrazione oltre i livelli di guardia.

Mentre il videoproiettore dell'evento più cool dell'anno fa le bizze come se fossimo in un bar di penultimo ordine a Nocera inferiore.

Mentre il regista inquadra alternativamente la nuca e le mani del (bravissimo, sul serio) pianista per dieci minuti netti.

Mentre gli uomini della security sembrano body guard del presidente USA, e come tali si muovono, anche quando ti chiedono di non stare affacciato sulla scalinata, che sennò rovini le riprese.

Davanti ad una delle immagini di cantiere, con apposto biglietto del Pasquino di turno, purtroppo illeggibile nelle foto.


"E LA SICUREZZA NEI CANTIERI?"

SHINY HAPPY PEOPLE

Da oggi sono ufficialmente in vacanza.

Finiti gli esami, almeno fino a settembre.

In effetti, questo pomeriggio dovrei tentare di prendere la patente...
Ma cerco di non pensarci, che altrimenti mi si blocca il pensiero positivo.

La giornata si apre con una notizia inaspettata: fuori ci sono solo trenta gradi.
Quasi freschetto.

Tutto merito della danza della pioggia che ho improvvisato ieri sera.

Adesso scusatemi: vado a preparare la bambolina vodoo per il tizio della motorizzazione.


Vi lascio anche la versione tradizionale... Tanto per ribadire il concetto.

domenica 22 luglio 2007

E LA CHIAMANO ESTATE


Mentre tutto il mio essere sublima, passando direttamente dallo stato solido a quello gassoso, pensieri terreni, ma soprattutto marini, attraversano lo sbarramento dei doveri, tagliando la strada ai sensi di colpa e passando col rosso al semaforo delle buone intenzioni.

Ricapitolando... Tra due giorni ho un esame all'università, tra tre l'esame di scuola guida.

Sogno un giorno di vacanza vera da mesi e mesi, e mi ritrovo a combattere con un caldo umido che rende vano anche quel placebo chiamato doccia.

Mi consolo pensando, faziosamente, a tutte le cose che rendono insopportabile il mare.
In particolare quello pescarese.

Gli uomini col costume emostatico che lascia scoperte le natiche, rigorosamente bianche e pelose.

I ragazzi che decidono di giocare a calcetto scegliendo come porta lo spazio che intercorre tra la tua testa e quella del signore che prende il sole vicino a te.
E purtroppo, quasi sempre è "palo" anzichè goal.

La signora color ebano che spruzza copiosamente un po' ovunque lo spray abbronzante gusto big babol sfp 0,001. In particolare sui tuoi occhiali da sole.

Il bimbo del vicino d'ombrellone che ha deciso di sotterrarti per unire l'utile al dilettevole, non sapendo dove mettere la sabbia estratta dal traforo dell'adriatico.
Il padre orgoglioso che lo vede già ingegnere.
La mamma che gli corre dietro, provocandone gli ultrasuoni, per fargli bagnare la testa chesennòsiprendeuninsolazione.

La concentrazione inumana di ombrelloni e carne spogliata, che ti costringe a levare il tallone dalla bocca del vicino, col solo risultato di spostarlo tra le tette della moglie.

Gli animatori palestratissimi e sorridenti oltre ogni umano limite, che alle tre del pomeriggio, mentre sei in coma letargico, usano l'altoparlante del lido per invitarti gioiosamente a partecipare all'originalissimo passatempo dell'estate 2007... il tiro della fune.

Infine gli ipertricotici.
Loro meritano un capitolo a parte.
Vivono tra noi.
E il pelo, oltre che sullo stomaco, ce l'hanno anche sulle spalle e nell'ombellico.
Il problema sorge quando, dopo il bagno, ma a volte anche solo dopo una sudata, prendono esempio dal migliore amico dell'uomo, spandendo per l'aere una piccola pioggia nebulizzata.
Su tutto e tutti.

E dire che di rasoi è pieno il mondo.


Andate al mare, ignari lettori... io resto qui a tagliare la balsa!

venerdì 20 luglio 2007

SIGNORI, SI TWITTA!

Confesso di capirci un po' più di nulla e un po' meno di qualcosa...
Ma l'idea dei micro post mi sconfinferava parecchio.
L'ho rubata a zio S.B. .
Così, da oggi pomeriggio, nella finestrina qui a destra, c'è tutta Cate minuto per minuto.

giovedì 19 luglio 2007

TELEFONO CASA #2

Premesso che ci sono già un cordless ed un fax, e che l'appartamento in cui ci trasferiremo a breve consta di studio, camera da letto, bagno e cucina.


K-pax: Devo comprare un'altra coppia di cordless.
Cate: Perché?
K-Pax: Perché così ne metto uno in cucina ed uno in camera da letto.
Uma: Ok, ma poi a cosa serve che siano cordless?


Il giorno seguente K-pax torna a casa con la nuova coppia di gemellini telefonici.


K-pax, entusiasta: E' possibile prenderne ancora un altro.
Cate: ...
K-pax, sempre più entusiasta: Separatamente!

Cate: E dove vorresti metterlo? In bagno?!
K-pax (spero scherzando) : Purtroppo non c'è la predisposizione.


UPDATE: K-pax è tutto contento perchè ha scoperto che non c'è bisogno di predisposizione.

Doh!

mercoledì 18 luglio 2007

PATENTE B

Credo di essere il peggior patentando che la mia autoscuola abbia mai avuto.

Dopo un numero di guide che rasenta la follia, con buona pace del portafoglio, e buonissimo gioco degli istruttori, ho collezionato una serie di scuse per autoscuolisti fallimentari che non vogliono ammettere i propri limiti.
E gli istruttori, che secondo me appartengono ad una razza superiore di paraculi, mi danno pure corda.
Premetto che le ho usate proprio tutte, ma potete riciclarle a vostro piacimento.

Ho messo le scarpe sbagliate.
Stavo pensando ad altro.
Il semaforo si era nascosto.
Non ho sentito quello che mi hai detto.
E' l'altro istruttore che mi ha detto di fare così.
E' l'altro istruttore che mi ha detto di non fare così.
Non volevo investire il piccione.
Il ciclista sbandava.
Però hai notato che stavo già frenando da sola?
Ho preso l'altra corsia perchè era verde.
Mi hai detto troppo tardi di svoltare.
Mi sono emozionata perchè è la prima volta che facevamo una guida insieme.
Di solito guido meglio.
Di solito faccio altri errori, ma non questo.
Non avevo mai fatto questa strada.
Non mi sono fermata allo stop perchè non c'era nessuno.
Il sole mi ha accecato.
Il vetro è troppo sporco.
La frizione non staccava.
L'auto frenava da sola.
E' la macchina che si spegne.
Mi sono fermata perchè la macchina, inspiegabilmete, ha rallentato troppo.

Due sono le cose:
O io farei meglio a darmi all'equitazione,
oppure la macchina della scuola guida è un catorcio.

Naturalmente, propendo per la seconda.

TELEFONO CASA

K-pax: Oggi devo portare il telefono in cantiere, per provare la linea nuova, ma non mi va di portarmi appresso anche la basetta del cordless.
Cate: Allora portati il fax.
K-pax: Decisamente tascabile!

Cate: ...
K-Pax: ...

Cate: Resta solo il cordless.
K-pax: Troppo ingombrante.

Uma: (ride) ...

Cate: Abbiamo finito i telefoni.
Metti due dita nella spina e vedi se tra pollice e mignolo senti qualcosa.

lunedì 16 luglio 2007

STAZIONI #2

Stazione.
Aldo seduto.
Un borsone davanti ai piedi.
Noia.
E attesa.
E un sottile senso di non appartenenza.
Si guarda intorno, cercando presenze da studiare.
Cercando distrazioni per non cadere nella trappola ricursiva dei suoi pensieri sfatti.

“Si finisce sempre per aspettare un treno... perché si aspetta il ritorno di qualcuno... per ansia di fuga... per desiderio di novità... Anche semplicemente perché è più facile aspettare che qualcosa di inevitabile ci porti via, piuttosto che imboccare una qualsiasi strada, sapendo di poter tornare indietro in un qualsiasi momento...”

Nel cortocircuito delle sue considerazioni sente infiltrarsi una presenza involontaria.
La voce di lei, che l’ha tradito. Le parole di una che l’ha lasciato.
E’ come un cancro maligno, torna a farsi viva quando meno se lo aspetta.
E non può farci niente, quando la sente risalire dal fondo dei mille strati di rabbia e risentimento sotto i quali è riuscito a seppellirla, in due mesi di assenza.
Voce argentina, fresca, ora superficiale, ora profonda, di una serenità disarmante.
Resta un mistero, quella matta. Con tutte le sue accuse.


-Ciao!-
E’ una bambina.

Una bambina bellissima. Con due occhi sgranati di curiosità e stupore.
Si avvicina, saltellando, alla panca su cui Aldo è seduto.
“Ciao!” risponde lui.

Il padre e la madre della bambina, che adesso è seduta vicino a lui, non interferiscono. Hanno facce sorridenti e stanche. La piccola, invece, sprizza di vitalità e voglia di chiacchierare. Ha trovato un bersaglio.
-Quanti anni hai?- le chiede.
-Tre!-
-Non è vero, ne hai tre e mezzo.- e non sa nemmeno lui perché lo dice, ma ne è sicuro.
-E’ vero!- dice la bimba, sgranando ancora di più gli occhi. E’ come se si stabilisse una specie di legame, sull’onda di questa rivelazione. Aldo la osserva da vicino. Non sa se è qualche deformazione della sua mente, ma questa bambina ha gli occhi di Giulia. Castano con pagliuzze dorate, ma è lo sguardo di Giulia.
-Lo sai dove sto andando?- chiede lei con fare ammiccante.
-Dove stai andando?-
-Dalla nonna.-
-E dove sta la nonna?-
-In Albania.-
Aldo guarda tutta la famiglia.

I volti dei genitori, quello della figlia.
Gli sembra così strano che lei possa essere straniera.
-Io mi chiamo Aldo, e sto tornando a casa: studio qui. Quale è il tuo nome?-
-Kirsha.-
-Chirsa?-
-Si, Kirsha!- interviene la madre. Stranamente, però, anche dopo questo intervento, il discorso continua ad essere appannaggio esclusivo di Aldo e della bambina. I genitori si limitano ad ascoltare.
-IO non vedo l’ora di diventare grande!-
-E perché?-
-Perché così divento bella. Avrò gli occhi azzurri!-
-Ma i tuoi sono belli. Non è il colore che conta. E’ l’espressione, quello che fai provare agli altri, mentre li guardi.-
Ed è come un flash, nella mente di Aldo.

Sovrapporre due attimi e due sguardi che lo fissano con la medesima espressione.
Studiandolo.
Iridi castane, a fissarlo stupite, da sotto in sù.

Iridi azzurre, a scandagliargli l’anima, dopo l’ennesima lite, e l’ennesimo ritorno.

Sopra di lui, serie ed impenetrabili.
“A cosa pensi?” dice lui.
“Ti guardo. Devo per forza pensare?”
Ed è come se volesse rubargli la ragione.

E’ uno sguardo, ma anche una lama, uno strumento di precisione contro il quale non esiste difesa.
Lo interroga più a fondo della domanda esplicita che ha appena fatto.
“Tu pensi sempre”
“E tu cosa vuoi da me?”
Un incrocio di silenzi.

Ferite più evidenti nel blu che lo avvolge, dall’alto, in lente spire.
“Un bacio.”
Silenzio, ancora, ma un silenzio che potrebbe scoppiare, per quanto è urlato.
Due labbra che si sfiorano.

Sempre più forte.
E fa quasi male quel contatto.
Senza volontà.
Contro volontà.
Come una molla tirata fino all’estremo limite, e poi lasciata andare senza preavviso.
Come due cannibali in lotta per riconquistare centimetri di pelle, forse anche di tempo perso.

Ma sono attimi.


Poi è come svegliarsi da un déjà-vu, e accorgersi che nulla è cambiato.
-Quanto vuoi diventare alta? Come le nuvole?-
-No. Voglio essere come la mamma.-
-Però sarebbe bello arrivare alle nuvole.-
-Perché?-
-Perché potresti assaggiarle, toccarle, giocarci.-
-E che sapore hanno le nuvole?-
-E’ un segreto.-
Non ha senso, quello che dice.

Se ne rende conto.
Ma è come se le parole gli uscissero dalle labbra senza passare per il cervello.-
-Tu lo vuoi sapere un segreto?- dice la bimba.
-Si-
-Allora dimmi che sapore hanno le nuvole!-
Aldo ci riflette. Ma ci riflette seriamente, come se fosse una questione a cui rispondere in maniera razionale e perfettamente sensata.
-Panna montata, naturalmente.-
-E perché?-
-Perché sono bianche.... sono fatte di latte. Adesso me lo dici il tuo segreto?-
La bambina si avvicina all’orecchio di Aldo.

Mette le mani a conchiglia, per non far scappare via un alito di voce, nemmeno un frammento di quel segreto strano che vuole raccontargli.
Lo bisbiglia, ed è appena un sussurro, impercettibile oltre la cerchia di protezione che gli ha costruito intorno.
Eppure risuona più forte del fischio del treno che sta per fermarsi, proprio davanti a loro.

Aldo si alza. Dà un bacio a Kirsha.
-Grazie!- le dice, salendo sul treno.
La bambina e la sua famiglia restano a terra. Non è questo il viaggio che stanno aspettando.

Aldo nel vagone.

Aldo che cerca posto.
Aldo seduto.
Chiude gli occhi. “Il caso.” pensa.
E ha davanti un foglio di carta. Una lettera trovata per caso.
Presa di nascosto.
Scritta per lui, e mai consegnata.

Io vivo di cose semplici, Aldo. Della stima di chi mi sta intorno. Di battute non corrosive. Di un bel libro da leggere. Dei discorsi di una bambina incontrata in stazione. Delle mie tele. Del cielo stellato sopra una cinquecento rossa, mentre tu dormi e ci passa accanto un treno. Del poterti mettere una mano sull’orecchio, per non farti svegliare, mentre il treno passa. Di impressioni senza senso, o forse con un senso appena un po' più ampio di una cosa da nulla. Di un abbraccio inaspettato. Magari anche di un complimento. Di aspettare le dieci e mezza per vederti, per raccontarti una giornata come tante. Di addormentarmi senza dover troppo chiedere a me stessa se è giusto quello che sto vivendo.
Di addormentarmi, almeno.
Cose semplici, appunto.

E non so cosa vai cercando tu, ma andando avanti così, finirai per svilirmele tutte.
E mi dispiacerebbe.

Davvero.

Perché altre non ne ho.
Un bacio.
Giulia.

sabato 14 luglio 2007

IL MINOTAURO BALLERINO

Capita quando in nome dell'arte ci si fa prendere la mano.

Capita una volta ogni tanto.

Ma capita che ti facciano venir voglia di gridare che il re è nudo.

Così, io e K-Pax ci ritroviamo in uno stanzone buio con trenta persone, ad aspettare anche solo che l'umidità relativa dell'aria si riduca di un punto.

Per un tempo interminabile lo stanzone rimbomba di suoni campionati, che uniti ai mormorii dei curiosi, infliggono un duro colpo alla mia testa già dolorante.

Sui muri vengono proiettate immagini in movimento.
Perlopiù corpi nudi che si intrecciano drammaticamente, e rendono in pieno l'effetto di un trip lisergico.

Per terra una distesa di sale grosso, in quantità sufficiente a preservare dal congelamento l'autostrada del Sole.

Mentre tutti si stordiscono come meglio possono, un losco figuro dall'aspetto pittoresco fa scivolare una porta a scrigno bianca, ed entra in scena come il cattivo di un film dell'orrore.

Ha una maschera di cartone nera, grande quattro volte il supposto ingombro di una testa umana.

Deve sudare come un maiale, là sotto.

Tra panciera, ginocchiera, e gomitiera, sembra l'omino del dottor Gibaud, solo a colori invertiti, perché le fasciature sono nere, mentre il corpo è ricoperto di uno spesso strato di cerone bianco.

Qualcuno deve aver giocato a tris sulla sua schiena.

Entra facendo pilates.

Non è lento: è proprio pilates.

Snervante oltre ogni limite.

Tutti si aspettavano che danzasse.
Ma il coreografo deve aver deciso di farlo contorcere come uno scarafaggio sotto l'effetto di Raid.

Il povero danzatore agonizza, inginocchiandosi sul sale grosso come un masochista sui ceci.

Si butta violentemente per terra, col risultato che a fine esibizione la sua schiena è color aragosta.

Scalcia, saltella, ma soprattutto calcia una zaffata di sale sulle signore sedute per terra, davanti a lui.

Le quali riescono a rimanere impassibili.

A loro va tutta la mia ammirazione, ma la situazione è Kafkiana.

Perché dovete immaginarvelo, quest'uomo mezzo nudo, che si muove al rallenty per trentacinque minuti, pieno di pathos.

Ti fa venire voglia di sopprimerlo.

lunedì 9 luglio 2007

POST FISSO


Improvvisamente tutto sembra più vecchio.
Mentre rifletto sul senso della vita, il mobiletto del bagno dondola ad ogni refolo di vento, spaesato e zoppo.
Fuori di qui un tiepido sole estivo invita orde assassine di donne assetate di saldi ad uscire dalle proprie tane per entrare in una 40, piuttosto che nella solita 44.
Fantasie improponibili troneggiano nelle vetrine come pugni assestati nell'occhio inconsapevole del passante.
Le zanzare sonnecchiano in attesa dell'happy hour di stasera.
Un moscerino si spiaccica sul parabrezza della mia y.
E trattasi di kamikazee, perchè è una settimana che sta ferma sotto casa a veder piovere cacche di piccione dal cornicione.

Ma tutto questo non ha più importanza, perchè il post precario, non c'è più.
Ha chiuso le sue virgolette a questo mondo crudele.
Senza lasciare puntini di sospensione.
Addormentandosi placidamente nel font universale.
Il suo Sonno, oltre che Profondo, sarà permanente.

Lui era il mio Sud-ovest.
Amavo ogni sua virgola, ogni singolo a capo.
E non ho neanche un osso da dare al cane perchè la smetta di abbaiare.
Se è per questo non ho neanche un cane, ma mi piaceva dirlo.

Ora, dal fondo del mio dolore, assumo il ruolo del maieuta.
Mio compito primario sarà risolvere i veri problemi dell'umanità.

Ho già cominciato, citando Squitto in giudizio per l'affido esclusivo dei due orsi knut*.

Ma la mente sconfina con l'infinito, tingendosi di blu.
Un nuovo futuro si affaccia all'orizzonte, insieme al sol dell'avvenir.

Il nero ci salverà dalle fantasie anni settanta.
Ma andrà bene anche una qualsiasi altra tinta unita.

La filosofia diventerà il principio ordinatore dell'universo:
Leibnitz sotto il mobiletto del bagno
E la stronza sanguinaria che stanotte non mi ha fatto dormire, sotto l'opera omnia di Kant.
*Vedi commenti al post precedente.

sabato 7 luglio 2007

DIECI MOTIVI PER CUI E' LECITO FARSI OFFRIRE UNA CENA (leggi bene: lecito, non obbligatorio)

E' questione da porsi con la massima serietà.
Perchè a volte i maschietti non si rendono conto che mantenere un aspetto quantomeno decoroso è un onere vero e proprio.
E lamentano una presunta disparità dei sessi davanti al conto del ristorante.
In poche parole, fanno gli spilorci.

Donne, in tal caso, ho qui pronto il decalogo che fa per voi, da snocciolargli un secondo prima di congedarlo con disonore dalla lista dei papabili.

1)Trucco.
Salvo rari casi poco raccomandabili, i ragazzi non ne fanno uso.
E non fatevi fregare quando vi dicono di preferirvi acqua e sapone, che quelli sono i peggiori.

2)Parrucco.
Ora io voglio capire perchè devo pagare il doppio di Lui.
Senza contare balsami, piastre, spumette e semi di lino.
E non li tingo neanche, sennò dovrei accendere un mutuo.

3)Intimo.
Perchè voglio vedere che faccia farebbero a vederci con le mutande della nonna.
Perchè forse non sanno che un paio di calze come si deve costa quanto una cena e dura a volte molto meno.

4)Estetista.
Vogliamo parlare di cerette, pulizie del viso, unghie incarnite e calli?
No grazie, ma apprezzino almeno il fatto che non gli facciamo pesare cotanta tortura.

5)Scarpe.
Ogni occasione vuole il suo tipo e il suo colore.
I maschi no.
A loro basta un paio nero elegante e uno da passeggio.
In rari, deplorevoli casi, ricorrono al tacco, ma non è mai un bello spettacolo.

6)Borse.
Come le scarpe.
E per di più servono letteralmente a trasportare i loro attributi tecnologici, chiavi, portafogli, e quant'altro, oltre ai nostri.
Motivo per cui, subdolamente, la moda degli ultimi anni ha proposto borse grandi come valige.

7)Vestiti.
Perchè la maledetta moda per noi cambia ogni stagione colori e stili, mentre gli uomini continuano a portare qualsiasi cosa non abbia buchi più grossi del diametro di un euro o macchie su meno del trenta per cento della superficie.
O su più del settanta, perchè poi sembra fatto apposta.

8)Tempo perso a farsi belle per loro.
E si sa che il tempo è denaro.

9)Cellulite.
Nota dolente.
Non esiste nulla in grado di eliminarla.
E dico nulla.
Perchè la carogna si riforma in ogni caso.
Che tu mangi o meno.
Che tu faccia sport o meno.
Perchè le donne hanno la circolazione alla zuava.

Ma nessuna rinuncia a combatterla.
Anche se gli uomini dicono di non notarla.
Però, guarda caso, si voltano solo quando passa un'aliena che non ne ha un filo.
(possa finire al polo nord a patire un freddo porco e crudele)

10)Cioccolata.
In quantità industriali.
Tutta colpa degli ormoni.

Tirate le somme, preferiranno offrire la cena e tacere.

venerdì 6 luglio 2007

TRANSFORMERS

Ingredienti:
6% Guerra dei mondi
8% X-files
12% Herbie, il maggiolino tutto matto
14% cartone animato anni 80
5% Godzilla
3% Gnocca
15% Testosterone
7% Orgoglio nazionalista
2% Scary movie
28% Humor

C'è come al solito l'esercito americano che sta dalla parte dei buoni.
Il giovane sfigato diventa eroe e affascina la bella di turno patita di motori.
I ragazzi del liceo risolvono enigmi che gli analisti della Nasa stentano a comprendere.
Una volta tanto, il mondo sta per finire e non è colpa dell'uomo.
Gli alieni non vogliono mangiarci, ma distruggerci.
Altri alieni, inspiegabilmente, vogliono salvarci.
I buoni vincono, i cattivi perdono.


E fin qui, niente che valga il prezzo del biglietto.

Solo che c'è di più.
Il film prende deliberatamente in giro tutti gli stereotipi dei film d'azione e fantascienza.
I genitori del protagonista, che rappresentano i genitori americani medi, sono uno spasso.
Ridi o almeno sorridi per due ore di fila.
Bambini e bambinoni insieme.
Andando verso il parcheggio chiunque può sperare che la propria Subaru baracca diventi magicamente una Camaro gialla a strisce blu.

E vi garantisco che tutti, ma proprio tutti, siamo usciti dal cinema in pieno stato confusionale, imitando i robot come meglio potevamo, facendo rumori inquietanti con la bocca.

Frase non-sense di culto:
E' la macchina che sceglie l'uomo.

Unica pecca:
Non si capisce assolutamente nulla delle scene di lotta.
Ancora mi domando come sono morti un paio di cattivi.

giovedì 5 luglio 2007

LA MACCHINA DEL CAPO

Mi hanno già detto che per me guidarla sarà off-limits.
Anche una volta presa la patente, e probabilmente fino alla pensione dei figli dei miei figli.

Scalino o scalone permettendo.

Però è bello sapere che la prossima volta che tornerò a casa, il capo mi porterà insieme al sergente a fare un giro sulla sua lancia y chilometro zero.

Mio fratello ha cominciato a chiamare così i miei genitori qualche anno fa...
E si sa che i nomignoli si attaccano come e peggio di una gomma da masticare.

Ancora più bello sapere che insieme alla brum del m senza buchi nella gomma, troverò anche la mia nuova lancia y chilometro centotrentamila.

E non fatevi ingannare dal chilometraggio, perchè pare si tratti di un tipo tosto a sedici valvole...

Ha più optional di un Cayenne Turbo...
E sono fermamente intenzionata a trasferirmi lì dentro, non appena possibile.

Si direbbe nuova.

Credo che il padrone fosse uno di quelli che tengono le plastiche montate sui sedili finchè non si rompono, ed in seguito, per preservare l'alcantara beige, lo nascondono sotto orribili fantasie a fiorellini piccini picciò.

Credo che la moglie lo abbia lasciato, per questo.


E credo si chiamasse Magda.

lunedì 2 luglio 2007

LA DISFIDA DELLA TETTA

Posto che la gravità è il peggior nemico naturale della donna.

Postulato che la ghiandola mammaria femminile è l'organo umano più simile a Mr. Fantastic dei Fantastici 4.

Verificato il cavillo legale per cui non risulta che l'articolo sia assoggettato a data di scadenza.

Constatato che per le donne non esiste una pillolina blu in grado di rassodare ciò che il tempo ha reso moscio(anche questo vantaggio hanno, i signori maschi!).

Veniamo al sondaggio d'opinione che sconvolgerà il mercato dell'intimo:
Conserva meglio il wonder-bra o il wonder-breast?

Per essere più chiari:
Meglio strizzarle in una gabbia di raso e fiocchetti, o lasciarle libere e belle come natura crea?!

PS: Ho appena scoperto che il Wonder Breast esiste veramente!!!
http://www.oliviero.it/articolo.php?codice=6303